lunedì 16 febbraio 2009

Devadasis - Alessandro Micelli

Secondo uno studio condotto dall’Associazione razionalista indiana, il 30% delle bambine che si prostituiscono a Bombay lo fa per esaudire un dovere religioso. Provengono tutte dalla casta degli Intoccabili e oltre il 70% delle piccole inizia la professione prima di raggiungere i 14 anni di età. Sono delle devadasis consacrate alla dea Yellamma. Il termine devadasi può esser diviso in due. La radice dedi significa dio, mentre la seconda parte dasi indica la schiava femmina. Le devadasis sono, quindi, le schiave di Yellamma o Yellardamma: un appellativo per indicare la "Madre di Tutti", probabilmente un’antica dea della fertilità.
La tradizione delle devadasis sopravvive ancora in alcune zone costiere degli stati di Maharastra, Goa e nella zona meridionale di Karnataka. Nell’ottobre 1996, il governo di Karnataka, nell’India del sud, ha approvato una legge che proibisce questa consuetudine, punendo la pratica con pene fino a tre anni di carcere. Come accade con molte altre leggi del popoloso Paese asiatico, tutto è rimasto come sempre, anche perché chi trae beneficio da questo sfruttamento si è opposto in tutti i modi al provvedimento. Infine, c’è un motivo più profondo: gli Intoccabili non interessano a nessuno. Una famiglia viene a sapere che la figlia è stata scelta da Yellamma per il manifestarsi di alcuni segni "misterios". Il più comune è l’apparizione di un nodo tra i capelli della bambina, chiamato jat. I familiari non accettano di considerare l’evento come il risultato naturale della sporcizia e la madre della bambina, oltre ogni ragione, decide di credere al mistero e così unge lo jat con del grasso animale, lasciando che i capelli crescano fino a diventare lunghissimi. Da quel momento è facile riconoscere le devadasis. In particolare nelle campagne si vedono bambine con grandi spirali di capelli lunghi fino alle ginocchia. Per tradizione è una di loro, alla quale è promessa salvezza eterna, a scegliere le novizie. Le più grandi partono dalla città verso le zone rurali, accompagnate dai proprietari dei bordelli dove lavorano e cercano le bambine più belle tra i poveri. Scelta la preda si incontrano con i genitori delle ragazzine. Le veterane, a quel punto, fingono di entrare in trance e porgono la collana di iniziazione alle future devadasis.
In alcuni casi, sfruttando la miseria e l’ignoranza delle famiglie, alcuni uomini di casta superiore obbligano le più grandi a scegliere per loro le piccole più graziose, che da da quel momento saranno le loro schiave personali. Le bimbe, quasi sempre non superiori ai sette anni, saranno sottoposte ad ogni tipo di abuso, mentre le madri non sapranno mai più nulla delle proprie figlie. L’intoccabilità permette alle caste di rango superiore lo sfruttamento degli inferiori, come è stato fatto per secoli. L’estrema povertà spinge, allora, i genitori a vendere le figlie, pur di liberarsi di una bocca che altrimenti sarebbe difficilissimo sfamare. Alcune madri arrivano a creare uno jat artificiale, sfregando un ciuffo di capelli con acqua, curcuma e olio. Nel caso la propria figlia sia prescelta, madri e padri sanno che il loro livello di vita migliorerà, perché una pur misera parte dei guadagni della bambina sarà loro versata. Dovranno solo dare il loro nome ai futuri nipotini. La legge impedisce la consacrazione alla dea Yellamma, ma questo non ha impedito l’estendersi del fenomeno. Il rito si compie nei piccoli santuari di alcuni villaggi, in case private o in luoghi di pellegrinaggio delle prostitute. Dopo il cerimoniale le bambine vengono trasferite in città, dove il turismo sessuale convoglia un numero consistente di clienti, spesso occidentali. In una vita disperata, alla giovane devadasi può capitare una sola fortuna: piacere a un padrone ricco che la manterrà. In caso contrario lavorerà nei campi durante il giorno, mentre di notte si dedicherà alla prostituzione. Le ragazzine non fanno più ritorno ai loro villaggi e una volta catturate dal racket ne rimangono schiave per tutta la vita. Welcome in India!

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